La resistenza napoletana all’emergenza rifiuti diventa un film corale [da Liberazione]

[da Liberazione]

di Checchino Antonini 

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Nicola Angrisano è un regista che cresce dentro l’esperienza di InsuTv, la telestreet napoletana che da cinque anni trasmette nei coni d’ombra delle frequenze ufficiali. Trasmette e produce. E Angrisano firma documentari sull’Onda studentesca partenopea, sul consumo di sostanze e l’antiproibizionismo, sulle vicende di migranti tra Pianura e Castelvolturno.
Particolare tutt’altro che trascurabile: in tanti hanno visto i suoi lavori ma Nicola Angrisano non l’ha mai visto nessuno, tant’è che potrebbe essere un nome collettivo. Però a Liberazione è toccato in sorte di intervistarlo telefonicamente alla vigilia dell’anteprima nazionale di “Una montagna di
balle”, nuovissima autoproduzione di Insutv e dei movimenti campani su un soggetto di Maurizio Braucci, Sabina Laddaga e lo stesso Angrisano, con musiche originali di Marco Messina e la voce narrante di Ascanio Celestini (alle 20, stasera, al Cinema Modernissimo di Napoli, con ingresso libero. Vedi anche www.insutv.it per il blog del film, e contatta info@insutv.it per organizzarne delle proiezioni, i materiali – come ovvio – sono liberamente scaricabili).

Angrisano, lungi dal voler sciogliere il mistero su di lei, ci dica della sua formazione.

Angrisano nasce dalla tensione del movimento no global verso una comunicazione dal basso per interconnettere movimenti molecolari e senza centro.
L’esperienza di Indymedia e il suo milione di contatti nelle giornate di Genova fu importantissima. Da allora Nicola lavora con ogni strumento video con l’obiettivo che l’utente sia anche produttore;
per rompere il carattere monodirezionale dello strumento tv e promuovere la partecipazione dei soggetti raccontati nella narrazione. Per questo non basta dare una cinepresa in mano a tutti, c’è bisogno di costruire percorsi come Insutv.

Dunque, se abbiamo capito bene, l’inafferrabile Nicola Angrisano vuole sfottere la logica autoriale dei media mainstream.

Giusto.

Veniamo al nuovo film su quella che, probabilmente. è la più grande catastrofe ambientale in Europa.

Vero, la struttura è su due binari, perché da un lato c’è la rivolta delle popolazioni e l’inasprimento della militarizzazione (e della propaganda) per contenerla. Dall’altro la ricostruzione, attraverso vari testimoni chiave, della truffa che usa ”l’emergenza” per realizzarsi e che riguarda soprattutto l’affare del finanziamento pubblico agli inceneritori e altri meccanismi. Ci sono il processo Impregilo e le altre inchieste in cui sono coinvolti Bassolino, Bertolaso e altri ex commissari.

Immagino che abbiate avuto a che fare con centinaia di ore di girato nei vari conflitti degli ultimi anni. Come vi siete regolati per la cernita?

Dal 2003 a oggi, un gruppo di video maker ha documentato la cosiddetta emergenza rifiuti in Campania. Abbiamo dovuto fare delle scelte, sicuramente penalizzando altre situazioni. Ad
esempio sul piano territoriale il documentario parte da Acerra, passa da Serre, Pianura, Marigliano, Sant’Arcangelo, Gianturco, Chiaiano e ritorna ad Acerra, con l’inaugurazione, nel marzo scorso, con Berlusconi. Al più presto, sul blog, saranno scaricabili materiali extra dall’archivio di tutta questa vicenda con storie specifiche, come quella del comitato di donne di Gianturco, dello scandalo amianto a Chiaiano.

Sullo stesso argomento è stato già girato il celebre “Biutiful cauntry”.

Quel film è fatto benissimo ma, in qualche modo, il quadro dello sversamento dei rifiuti tossici finiva involontariamente per offrire un’immagine di popolazioni del tutto passive. Che poi, quando si sono svegliate, venivano rappresentate come in balìa della camorra. La nostra, invece, vuole essere una contro narrazione sviluppata in modo corale da quelle popolazioni costrette a informarsi
fino a prendere visione del blocco di potere e della sperimentazione della strategia di governo autoritaria ed esportabile. E’ un modo di fare politica, il nostro. Chiaiano è la prima vicenda scelta da Berlusconi per mostrare i muscoli. Ci sono state denunce, pestaggi, violenze ma si è riusciti a decodificare quello che stava succedendo e a dire che non si può delegare la risoluzione della crisi a chi l’ha provocata e tenta un esproprio della democrazia.

Perché dite che questa storia ha una valenza nazionale?

Dalle inchieste della magistratura emergono vari punti di contatto tra politica, industria ed ecomafie. L’emergenza è opaca,rende la spesa incontrollabile ed è la che si collegano gli interessi. La grande questione nazionale è il finanziamento agli inceneritori con contributi pubblici, i cip 6, così l’energia proveniente dall’incenerimento – che sarebbe fuori mercato – diventa un affare ma solo per chi la produce (50-60 euro a tonnellata per strutture che ne bruciano 6-700mila l’anno); la confindustria degli inceneritoristi ha chiesto al governo cento nuovi inceneritori.
 

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